Oscar Niemeyer, memoria del sociale

Quando muore un uomo inevitabilmente si scrive delle qualità straordinarie, del grande cuore, di quanto il suo lavoro ci abbia lasciato e di quanto sia stata straordinaria l’opportunità di aver lavorato con lui. Ma per me aver incontrato e aver avuto l’opportunità di aver lavorato con Oscar Niemeyer ha rappresentato altro. Non ho infatti la presunzione di aver compreso, nei pochi giorni dei nostri incontri, le qualità dell’uomo né penso che alla fine le tante sfumature dell’animo umano possono essere completamente scandagliate. Come tutti anche i maestro avrà dovuto cedere a qualche compromesso, condiviso con la propria memoria qualche piccola meschinità perché era umano come tutti noi. Aver avuto la possibilità di conoscerlo ha rappresentato per questo, prima ancora dell’incontro con una personalità  profonda e complessa, la possibilità di vivere alcune delle sue architetture guidato nella lettura del suono morbido della sua voce. Quando siamo arrivati a Rio per presentargli il progetto esecutivo dell’auditorium di Ravello, di cui ero il coordinatore, prima di leggere i disegni ci ha raccontato il suo modo di interpretare l’architettura e ci ha invitato a visitare le sue ultime realizzazioni nei pressi di Rio. Ed è stata questa l’esperienza straordinaria. Le sue opere, prima ancora del suo narrare, hanno la capacità di trasmettere quell’essenza di qualità condivisa che tutte le architetture pubbliche dovrebbero avere. Nei testi di Niemeyer si legge spesso della valenza sociale del fare architettura, della necessità che il nostro mestiere sia votato prima di tutto alla qualità della cosa pubblica. Ma questi proclami sono spesso ripetuti da tutti gli architetti che si cimentano nel realizzare un edificio pubblico, per essere poi smentiti dal gesto narcisistico di “segnare il territorio” con un architettura che di sociale ha poco o nulla. Invece nelle opere di Niemeyer, che ho potuto visitare prima a Nitteroy e poi a Brasilia, questo spirito sociale non solo non è tradito ma diventa essenza della stessa architettura realizzata. Gli edifici di Nitteroy, un museo adagiato su di un promontorio in riva al mare ed un auditorium, hanno il merito di risolvere splendidamente il rapporto con il territorio realizzando con il loro impianto generale un’antropizzazione morbida e condivisa, mentre al loro interno gli spazi diventano veri e propri catalizzatori delle energie di chi li visita facendo si che la gente si riconosce immediatamente nell’architettura costruita. Degli edifici di Brasilia si è scritto e detto tutto ma poter visitare la città ad oltre quarant’anni dalla fondazione mi ha consentito di cogliere quanto fosse stata accettata e partecipata dalla gente l’utopia di Juscelino Kubitschek (architetto libero professionista, Consigliere aniai Campania), e del suo architetto. Quando siamo tornati dal maestro per discutere dei dettagli esecutivi che avremmo realizzato nell’auditorium di Ravello il nostro spirito era radicalmente cambiato. Avevamo capito a cosa dovevamo tendere, quale era il fine ultimo del nostro agire. Spero solo che il tempo non intacchi l’energia e lo spirito che l’incontro con Niemeyer ci ha trasmesso per cercare di non tradire, almeno in parte, l’essenza ultima del fare architettura. Essenza che Oscar Niemeyer aveva profondamente compreso.


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