Ad Avellino vince lo stile finto antico

Caro direttore,

mentre Napoli faticosamente è riuscita a votare il suo Piano Regolatore, ad Avellino gli strumenti urbanistici che definiscono le regole di manutenzione- edificazione per il centro storico impongono un modello edilizio passatista che sta profondamente alterando l’immagine della città. In realtà anche a Napoli iil sistema di norme è confuso sul piano del recupero dei centri storici. Non è necessario essere economisti per comprendere che una norma che definisce come storici tutti gli edifici costruiti prima del 1943 condanna alcuni di essi a morte per abbandono. Se inifatti un anonimo edificio di speculazione dei primi anni del ‘900 risulta così malandato che i costi di restauro dello stesso superano il valore di mercato degli immobili della zona, accadrà che l’edificio verrà abbandonato. Il pianificatore avrebbe dovuto dotarsi di cultura architettonica ed urbanistico-economica tale da discernere tra gli edifici dell’immenso patrimonio urbano in modo da sostituire gli immobili meno significativi e consentire all’architettura contemporanea di intervenire con le logiche e gli stilemi del nostro tempo. In questo modo si riequilibra l’intero mercato immobiliare che agisce con le logiche economiche moderne, sostituendo gli immobili di speculazione e salvando al contempo il patrimonio architettonico del centro storico. Al contempo la cultura architettonica contemporanea avrà modo di lasciare anch’essa una traccia del proprio agire. Una logica di tipo, diffusa in tutta Europa, prevede una consapevolezza del proprio agire ed una fede nella qualità dell’architettonica contemporanea che certamente i pianificatori di Napoli non hanno il coraggio di praticare. Preferiscono a tutto la miope prospettiva della negazione ed oltranza ignari del suicidio culturale che il loro agire produce.
ad Avellino le stesse logiche che sottendono alla scrittura delle regole urbanistiche di Napoli, hanno prodotto un aborto normativo, per certi versi, ancora più grave. Con la “complicità” delle Sovrintendenze è stato redatto uno strumento urbanistico che vincola la riedificazione degli edifici del centro storico al rispetto di un sistema di regole formali che, di fatto, consente-imponeai progettisti l’utilizzo di stilemi che vanno dall’ormai superato post-moderno al più fantastico kitsc neopompeiano. È cioè possibile sostituire gli edifici del centro storico non vincolati ma soltanto con immobili che ne riproducano gli assi delle finestre, il numero dei piani, etc.prescrivendo anche l’utilizzo di materiali “storici” per il rivestimento e gli infissi. Una debole cultura architettonica locale non ha saputo opporsi e liberarsi da questo sistema di regole producendo lo scempio che è sotto gli occhi di tutti. Palazzi cin facciate con lesene e capitelli (tra l’altro questi elementi firmali sono utilizzati quasi sempre derogando a quelli che erano i rigidissimi principi formali e metrici della classicità) tetti con logge ed abbaini, proiettano il cittadino in un modello urbano più vicino alle imitazioni che Disneyworld ha realizzato delle città europee, che ad una città contemporanea


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