Comune: tanti progetti, ma la quotidianità è trascurata
Nell’immaginario di un cittadino l’idea di metropoli si costruisce per frammenti che, composti negli anni, realizzano in ognuno di noi l’ologramma virtuale dello spazio che viviamo. Si sommano e si sedimentano “frame” diversi, paesaggistici e di vivibilità, di dettaglio e di costume, che, assieme, si ricompongono in un tutto che è l’idea di città. Sarebbe in questo senso corretto che le amministrazioni che si susseguono nella gestione della cosa pubblica prestino la stessa attenzione alla microcriminalità e alla pulizia delle strade, alle scelte di macrourbanistica e di sviluppo, agli eventi culturali da proporre o alle scelte degli elementi di arredo urbano. E’ il controllo di tutte queste variabili che riuscirebbe, nel tempo, a modificare l’idea della Polis che i cittadini e i visitatori hanno di Napoli, consentendoci di evolvere dallo stereotipo di città bella (da lontano), simpatica ma pericolosa e sporca, a capitale cosmopolita, mediterranea, intrisa di storia da vivere e da visitare. E’ certamente complesso controllare la microcriminalità o risolvere la questione dei rifiuti in pochi anni e in una città come Napoli, sono progetti di lungo respiro che hanno la necessità di raccogliere il contributo di tutte gli enti preposti, proprio per questo ci si meraviglia che per altre questioni, certamente meno complesse ma comunque importanti per la costruzione dell’idea di città, l’Amministrazione Comunale non riesca proprio a dimostrare un minimo di capacità organizzativa e progettuale capace di esprimersi con un’immagine coerente e qualificata. Basta percorrere la strada cittadina di maggiore valenza paesaggistica per percepire lo stato di abbandono e la mancanza di progettualità che caratterizza l’attuale Amministrazione Comunale. Vista da lontano via Caracciolo è una delle strade più belle del mondo ma appena ci si avvicina questo straordinario “quadro di lontananza” rivela l’abbandono in cui versa. Oltre al manto stradale perennemente disseminato di buche e rappezzi (ma sembra che anche questa sia una questione complessa per la cronica mancanza di fondi) l’approssimazione della città è raffigurata dalla fiera di soluzioni proposte per l’arredo urbano e l’illuminazione. Nel giro di pochi metri è rappresentata la storia del design (sempre a dire il vero di livello non elevatissimo) che spazia dai pali più o meno rapperciati in stile liberty dell’illuminazione di largo Sermoneta, alle panchine minimaliste degli anni ottanta, alle futuristiche nuove pensiline degli autobus, per giungere alle non bene definite (almeno dal punto di vista della storia del design) paline, di recente introduzione, per il supporto alla cartellonistrica stradale. Ma anche questo potrebbe rappresentare una scelta, la volontà di esprimere con la sovrapposizione degli stili e degli elementi di design la cosmopoliticità ed il carattere “ribelle” della città (ma siamo sicuri che sia una scelta e non mera casualità?)
Quello che proprio non si spiega, e che invece dimostra inequivocabilmente e in tutta la sua tragicità l’abbandono in cui versa la città, è un marginale, solo a primo avviso, caso emblematico. Alla rotonda Diaz, proprio al centro dell’emiciclo di via Caracciolo, erano posizionati due alti pali per bandiere che ospitavano, in varie occasioni pubbliche, gli stendardi dell’Italia e della città. Qualche tempo fa è stato rimosso uno di questi pali (probabilmente per ragioni di sicurezza) e la piazza è rimasta mozza, poi la scorsa primavera in occasione dell’importante parata della Marina Militare è stato eliminato l’altro palo sostituendo entrambi con nuove aste per bandiere alte circa un terzo delle precedenti. Quello che è scandaloso non è la scelta di sostituire i pali con altri più bassi ma che, palesemente, non c’è stata nessuna progettualità in quello che è accaduto. Qualche militare avrà giustamente notato che non era dignitoso avere un’asta alta ed un’altra monca e ha reciso brutalmente quella che restava per infiggere nel moncone residuo le due aste più corte. Si è ottenuta così l’immagine di un monumento all’approssimazione, il vecchio palo tagliato a circa due metri da terra con infisso nel tronco residuo il nuovo palo di diametro e di altezza minore, annegato in un getto di calcestruzzo che cola sul vecchio metallo arrugginito.
Il caso dei pali della rotonda Diaz è sintomatico dell’incapacità dell’Amministrazione Comunale di tentare, se pur nei casi palesemente semplici, di curare il dettaglio e il design urbano, quale elementi, fra i tanti, che contribuiscono a ricostruire l’immagine della città. E’ innegabile infatti che sarebbe bastato chiedere alle forze armate, in luogo dell’utilizzo dello spazio cittadino, un restauro meno approssimato delle aste per bandiere o, visto il costo esiguo degli stessi, sarebbe semplicissimo ancora adesso trovare uno sponsor che, per esporre il proprio vessillo per un certo tempo nella straordinaria scenografia di via Caracciolo, si occupi della sostituzione delle aste. Ma forse è chiedere troppo, tutta la Giunta è impegnata a occuparsi delle grandi questioni (senza tra l’altro risolverle) e non può occuparsi di questi dettagli, dimenticando che il cittadino o il visitatore più distratto può non notare la sporcizia delle strade o può avere la fortuna di non essere rapinato ma certamente sorriderà quando, chiedendo al passante il motivo della bizzarra soluzione per le aste di via Caracciolo, questi gli spiegherà che nella nostra lingua esistono diversi neologismi per spiegare quanto vede. E’ una soluzione “arronzata”, “pezzottata” che la nostra amministrazione utilizza per manifesta incapacità, ma che indigna chi ancora crede nella rinascita di questa città.