Cambiare si, ma con rispetto
Ma basta con gli ambientalisti di professione! E’ possibile che non si possa parlare, proporre una qualsiasi cosa che modifichi la preesistenza che questi zombi si svegliano e cominciano a blaterare la solita litania: nulla deve modificarsi, tutto deve restare uguale a se stesso. Non è permesso, secondo questi signori, l’uso critico della ragione che dovrebbe consentire di operare su di un tessuto, su di un territorio con rispetto ed attenzione, per realizzare quelle modifiche che, nei secoli, hanno consentito la vita stessa dell’ambiente antropizzato. Lo ha detto in modo chiaro Renato De Fusco (che è, come noto, uno storico di fama ma non per questo incapace di pensare e proporsi come valido architetto) a Guido Donadone intervenuto, con la solita tiritera passatista e pseudo-ambientalista, ad un convegno promosso nelle settimane scorse, dal Premio Napoli alla biblioteca Nazionale: “Siete diventati dei professionisti dell’ambientalismo che vivono oramai della negazione di qualsiasi progetto contemporaneo”(citando volutamente Sciascia che parlava di antimafia di professione).
Anche nel caso della intelligente proposta per piazza del Gesù di Pasapane e Tranchesi si sono subito svegliati, i professionisti dell’ambientalismo, per stroncare sul nascere qualsiasi dibattito. Giulio Pane, nella sua risposta, non entra nel merito dei contenuti ma boccia la proposta perché frutto di un’intuizione e non di un ragionato progetto (quasi che un progetto con spiccate qualità di architettura non possa svilupparsi da una felice intuizione, ma, ad esempio, non era Le Corbusier che aveva pensato ad un guscio di granchio per fare il tetto di Ronchamp?) e bacchetta Diego Lama perché osa, nella fabbrica delle idee, presentare alla cittadinanza proposte che, per la moderna cultura del restauro (quale?), sarebbero disdicevoli.
Ma lo sa il professionista dell’ambientalismo Pane, che restauro vuol dire conservazione e che per conservare un monumento è necessario pensare ad un progetto d’uso e manutenzione dello stesso? Ma quale conservazione, quale manutenzione è possibile se si pensa alla città ed ai suoi monumenti come entità, cellule alle quali si vieta qualsiasi modificazione. Dobbiamo consentire alla città di rinnovare, con attenzione e rispetto, alcune sue cellule, alcune sue parti, per far sì che non si riduca come le atrofizzate cellule celebrali degli zombi dell’ambientalismo di professione