Aree Ristoro
Nel punto più alto, bello e panoramico di Napoli, la Certosa, si costruisce un centro di ristoro, riposo e incontro in uno spazio, benché ampio, chiuso e buio di un ipogeo. Il contrasto è tanto più marcato in quanto a un esterno tutto in luce corrisponde un interno tutto in ombra. L'effetto desiderato non è tanto quello di aprire su un paesaggio, così come avviene dalle aperture della Certosa e delle varie terrazze sottostanti, bensì quello di portare tale paesaggio all'interno di un ampio e profondo spazio ipogeo. Pertanto non è l'osservatore che guarda, ma l'intero scenario paesistico che lo avvolge, gli crea un ambiente tutto natura in un invaso architettonico di artificio.
E' ben vero che la nostra idea progettuale non sarebbe stata possibile senza le potenzialità della neo-tecnologia, le trasformazioni dei vecchi muri dell'ipogeo in scene paesistiche sono state ottenute con diverse applicazioni conformative: come due macchine telescopiche, rispettivamente con andamento sud-nord ed est-ovest, che proiettano le immagini in punti definiti. La seconda invece è costituita da telecamere installate all'esterno verso il panorama, che, tramite altri proiettori riportano le immagini in tempo reale all'interno sulle lunghe pareti, non con una visione puntuale ma continua. Completa il dispositivo ottico percettivo, il pozzo di luce, ricavato nei cortili sovrastanti gli ambienti del ristorante, con un piccolo foro, dal quale viene filtrato un raggio luminoso che costituisce lo "gnomone" indicante la stagione e l'ora di una sottostante meridiana.